Il film segue lo svolgersi di un’inconsueta forma di drammatizzazione terapeutica: per quindici mesi i carcerati della prigione libanese di Roumieh sono stati protagonisti dell’adattamento teatrale di un’opera tratta da “12 Angry Men” di Reginald Rose (resa celebre al cinema da Sidney Lumet con “La parola ai giurati”). Il documentario alterna riprese dell’allestimento a interviste ai carcerati, “assassini, stupratori e spacciatori”, che rivelano un’umanità profonda e un’inattesa fede nella vita.